Roma FF17 – Via Argine 310: recensione del docu-film di Gianfranco Pannone
Presentato nella sezione Special Screening alla 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma, il documentario di Pannone sulla vicenda del licenziamento collettivo degli operai dell’ex stabilimento Whirlpool di Napoli mette a fuoco tutto il dramma umano del perdere il lavoro ai giorni d’oggi
In un contesto storico così intricato e per nulla semplice come quello che viviamo attualmente in Italia e nel mondo, il docu-film Via Argine 310, diretto da Gianfranco Pannone, sembra parlare a tu per tu con ognuno di noi, alle prese con una quotidiana lotta con l’inflazione.
Impossibile non empatizzare, dunque, con le voci e i volti che in prima persona raccontano il dramma che hanno attraversato nel 2018: in quell’anno, infatti, la multinazionale Whirlpool – leader nel settore della produzione di grandi elettrodomestici – comunica quasi senza preavviso ai suoi oltre 300 dipendenti della sede di via Argine 310 a Napoli che si è deciso di chiudere i battenti, con un’operazione di licenziamento collettivo.
Via Argine 310: la vicenda
Ritrovatisi dall’oggi al domani in cassa integrazione, gli ex operai vedono in un attimo frantumarsi certezze, sogni, promesse: i Millennial un posto da impiegati ancora spesso lo sognano, è vero, ma per chi dagli Anni Sessanta a Napoli aveva avuto la fortuna di trovare un posto di lavoro dignitoso e onesto come quello, vederselo togliere con prepotenza e così repentinamente non è certo facile.
Mutui, debiti, vite: preoccupazioni tangibili, con le quali prima o poi tutta la gente del popolo ha a che fare.
Pannone e il dramma umano, fulcro del film oltre ogni formalismo
Ciò che colpisce e che centra il bersaglio in Via Argine 310 è la capacità – e la volontà – del regista di firmare un documentario che non sa di manierismo e non riporta eccessi di forma, anzi.
Pannone e il suo direttore di fotografia (Tarek Ben Abdallah) allestiscono una scena semplice, qualche sedia e un protagonista, le persone: Lina, Salvatore, Carmen, Franco, Gianni e Sonia sono alcuni dei tanti ex operai a cui viene data voce e che raccontano attraverso l’obiettivo la vicenda del maxi licenziamento Whirlpool.
Una tragedia umana, realmente: perché se è vero che di tragedie ne esistono tante e di immani, è altrettanto vero che perdere il posto di lavoro a una certa età, nel Mezzogiorno, quando sei un padre – o una madre – di famiglia non è certo una passeggiata.
A cinquant’anni non si ritrova un lavoro mandando qualche curriculum online: anzi, al Sud non lo si trova nemmeno se hai trent’anni, si potrebbe dire.
Dai racconti di coloro che hanno dato vita al presidio “Whirlpool – Napoli non molla” emergono diverse emozioni, una tavolozza ricca di sfumature dove prevalgono la commozione, l’incertezza e anche tanta rabbia.
Il docu-film di Pannone nel raccontare uno spaccato della Napoli industriale sotto le note delle musiche di Daniele Sepe fa luce su tanti dei problemi con chi le famiglie e i giovani del Sud Italia hanno a che vedere quotidianamente: ad esempio, la consapevolezza dei neo-laureati di dover andare lontano, il più lontano possibile da questa terra che si chiama casa ma che non dà futuro.
Ad arricchire le interviste e le immagini girate nei pressi del sito di via Argine 310 ci sono reperti audiovisvi storici e la voce di Alessandro Siani per la lettura di alcuni stralci dal romanzo “La dismissione” di Ermano Rea.
Quanto vicino sembra il tema dell’orgoglio operaio a un regista e a un artista come Pannone, tanto lontano lo stesso appare – ai protagonisti della vicenda – nei confronti della nostra platea politica, ritenuta da troppo tempo ormai sorda ai richiami d’aiuto di chi non sa più come guadagnarsi un pezzo di pane e incapace di giungere a una vera soluzione.
Pannone, dunque, parla a tutti e a nome di tutti, mostrando che la precarietà è una condizione che sembra caratterizzare la penisola più del “buon cibo”, del Made in Italy e dell’amara bellezza delle sue isole.